Perché si deve tutelare i propri progetti artistici? Te lo sei mai domandato? O sei uno di quelli che pensano che “tanto non capiterà mai a me”?
Lo abbiamo chiesto a Matteo Lanfranchi che ha scelto di tutelare i propri progetti artistici (anche registrando un marchio per un progetto teatrale!) prima ancora di lavorare a livello internazionale.
Scopri chi è Matteo Lanfranchi e perchè ha deciso di tutelarsi!
1) Ci racconti un po’ chi è Matteo Lanfranchi e che cosa fai?
Io sono direttore artistico di una compagnia che si chiama Effetto Larsen e che è attiva ormai da 12 anni. Abbiamo cominciato come compagnia teatrale e poi dal 2013 abbiamo deciso di uscire sia in termini di edificio sia in termini di tradizione dal teatro per andare verso le performance site-specific e l’arte partecipata.
2) Ci racconti un po’ meglio di voi come compagnia in che modo avete deciso di tutelarvi? Come è nata questa necessità e le difficoltà che avete incontrato?
La necessità di tutelare i progetti è nata nel 2010 perché all’epoca Danae Festival mi stava producendo uno spettacolo e l’accordo era di fare anche una performance urbana. Io ho deciso di fare una cosa di massa, è stata l’origine di un progetto che siamo Stormo, che ha avuto molto successo e che sta continuando ad esistere.
La cosa più divertente è stata che quando ho chiamato la SIAE, perché il Festival mi chiedeva di depositare l’opera – io sono un autore tutelato dalla SIAE – ho passato diverso tempo al telefono cercando di spiegare che cosa fosse, adesso mi dicono che la SIAE è più disposta ad accettare il concetto di performance, ma all’epoca le domande sono state: “Ok, ma è teatro?” – NO, “Ma è danza?” – MA, non proprio, “ma c’è testo” -NO, “Ma cosa fanno?” – Si muovono le persone, “Ok le faremo sapere”. Mi hanno chiamato la settimana dopo proponendomi di registrarlo come Format Televisivo, che tra l’altro non era neanche tutelato all’epoca.
Ho parlato con il mio legale, l’Avv. Daniele Camaiora, per capire come fare e soprattutto perché all’epoca la soluzione migliore era stata quella di estendere la tutela e diventare anche un coreografo, l’abbiamo registrato come un progetto di danza.
Dopo un paio di anni sono venuto a sapere che qualcuno voleva utilizzare il nome Stormo e Daniele mi ha suggerito di registrare il marchio Stormo®, cosa che suscita molto stupore adesso nel contesto artistico e mi chiedono con sdegno: “ma come? Un marchio? E allora ci stai guadagnando qualcosa!” e allora io spiego che in realtà ho dovuto pagare io. Bisogna molto spesso spiegare perché non c’è molta conoscenza del tema.
Questa cosa non è più possibile e mi ha consigliato di utilizzare Proofy, come piattaforma che si è rivelata perfettamente adatta alle mie esigenze.
3) Come mai hai deciso di tutelare il tuo lavoro e depositare un marchio nonostante sia stato un costo che hai sostenuto?
L’indicazione di Daniele, il mio Avvocato, all’epoca era stata che avere un marchio è come avere un dissuasore, comunichi immediatamente che il progetto è tutelato, considera anche che dal 2015 il progetto ci viene chiesto nelle aziende come team building. Quindi ha molto senso in questa direzione e a livello di comunicazione il marchio è un segnale molto chiaro.
La tutela poi è necessaria perché in Italia c’è poca cultura della tutela del lavoro, io ad esempio informandomi e parlandone con gli esperti ho scoperto che ad esempio anche il frutto di un’improvvisazione può essere tutelato o che comunque tutto ciò che è documentato è una prova di come il lavoro artistico si è evoluto, cosa che fino a qualche anno fa non sapevo.
Quindi io e la mia compagnia cerchiamo di mantenere aggiornato il materiale dei progetti per aumentare la tutela, questo diventa anche utile come archivio artistico a testimonianza di un processo che si evolve nel tempo.
Siete curiosi di sapere come è proseguita l’intervista? A breve la seconda parte!