Questa volta ci dedichiamo al tema della street art con un’intervista a Marco Vallarino autore del libro “Il cuore sul muro”, giornalista e appassionato di street art.
Abbiamo conosciuto Marco durante un evento a Milano e siamo rimasti colpiti dal suo speech: “La street art al tempo dei social”, da lì è nata l’idea di intervistarlo.
Da poche domande iniziali ne sono poi nate altre che ci hanno portato dai graffiti, al suo libro ispirato alla street art e anche ai fatti di cronaca che hanno profondamente segnato la sua città, alla sua visione della relazione tra gli artisti fino alla necessità di un cambiamento valoriale della nostra società che condividiamo pienamente.
Partiamo proprio dal titolo del tuo intervento: “La street art al tempo dei social”, cosa vuol dire?
In un’epoca in cui Internet sta fagocitando ogni forma d’arte e d’espressione, la street art è forse l’unica a essere rimasta fuori. Questo accade per l’indubbia visibilità che può fornire a chi è lontano dai media tradizionali, come tv, radio e giornali.
La strada continua a essere l’unico o almeno il principale spazio di promozione della street art.
Graffiti e murales nascono, crescono e forse un giorno moriranno sui muri, da una parte in maniera clandestina (o, come dicono certi writer, spontanea), dall’altra come riqualificazione delle aree degradate dei tessuti urbani.
Più tempo passiamo su Internet, appiccicati agli schermi di smartphone, tablet, social network, meno ne abbiamo per vedere quello che accade al di fuori della rete.
Peraltro ciò che accade offline resta sempre più importante del resto, dato che non possiamo respirare, bere, mangiare, dormire online.
La street art è dunque una delle poche cose, oggi, capaci di attirare la nostra attenzione offline, anche se poi come i piatti dei ristoranti, i paesaggi urbani ed extraurbani, i baci tra fidanzati, i murales finiscono perlopiù per impreziosire il nostro palmares di scatti o selfie digitali.
Però per vedere la vera street art (non una foto fatta da qualcun altro) occorre uscire di casa e girare per le strade delle città, anziché su Google o Instagram, e questo è già qualcosa.
Cosa puoi dirci del tuo libro?
È una storia d’amore a tinte dark, ambientata nel 2003, un’epoca in cui Internet era agli albori. Social network e smartphone non esistevano e quindi la gente giovane per incontrarsi e conoscersi doveva uscire di casa.
Era necessario consumare le suole delle scarpe lungo le strade della città, vivere le piazze ed esplorare luoghi e locali nuovi, senza sapere chi o cosa si sarebbe trovato.
La street art è uno dei pilastri della storia perché appunto nel 2003 non c’erano molti modi per comunicare, al di fuori di radio, tv e giornali, che per i giovani erano irraggiungibili.
Le chat erano “roba da nerd” e allora ecco che si provava a lasciare qualche messaggio – d’amore, di tifo, di protesta, di cordoglio – sui muri della città.
La vicenda inizia con una insolita caccia al tesoro a base di graffiti, condotta da due scapestrati liceali.
I due protagonisti sono desiderosi di sapere come andrà a finire la storia che hanno trovato scritta a puntate sui muri della città.
Poi arrivano il mistero, l’amore e anche il dramma legato alle conseguenze catastrofiche della tossicodipendenza.
All’epoca la mia città, Imperia, era tra le prime in Italia per il consumo delle cosiddette droghe dello sballo musicale, come l’ecstasy e il mio romanzo vuole anche essere una testimonianza di quel periodo difficile.
Il senso della storia è comunque che l’amore e l’amicizia possono aiutare ad affrontare problemi che, da soli, possono apparire irrisolvibili.
Inoltre, in appendice al romanzo, c’è un saggio sulla street art nel quale ho illustrato origini, simboli e sviluppi del fenomeno, sintetizzando anni di ricerche compiute da giornalista.
La copertina del tuo libro è particolare: c’è una storia dietro?
Nel settembre del 2018 l’editore romano All Around mi aveva confermato l’intenzione di ripubblicare il mio romanzo sulla street art. La prima edizione del 2011 è fuori catalogo dal 2012 per la chiusura del precedente editore, Alacran di Milano.
Dopo la firma del contratto per la nuova edizione iniziammo a cercare un’immagine per la copertina.
Volevamo mettere un murale, per rimarcare il fatto che si trattava di una storia ambientata nel mondo del graffiti writing. Purtroppo le agenzie fotografiche non sembravano avere niente di adatto.
Poi mi recai, da giornalista, a seguire il raduno nazionale di street artist che si teneva in quel week end (8 e 9 settembre 2018) nella mia città.
Girando per la murata presso i cui writer dipingevano, vidi opere di tutti i tipi, finché quasi in fondo mi imbattei nell’“Incontro di anime” di Taurus Eyes: un’immagine molto grande (come tutte le altre) che mostrava due corpi o spiriti che uscivano da una specie di vortice per abbracciarsi in volo.
Come dire: l’amore unisce ciò che in realtà è già unito. Intorno alle due anime notai che erano stati disegnati, a puro scopo decorativo per non dire riempitivo, alcuni cuori rossi.
…Erano piuttosto piccoli rispetto al resto, eppure capii subito che uno di quelli sarebbe stato perfetto come copertina di un romanzo intitolato “Il cuore sul muro”.
Scattai una foto e la mandai subito all’editore, che fu entusiasta dell’idea.
Allora ne parlai con l’autore Taurus Eyes 96, ovvero Daniele Risso, giovane imperiese che in realtà lavora più come fotografo che come writer.
Anche lui fu molto contento di concedere l’immagine, chiedendo in cambio solo di pubblicare nel libro l’indirizzo del suo profilo Instagram taurus.eyes.96. (ora lo trovate con questo profilo come fotografo)
Mesi dopo, lo invitammo alla prima presentazione del libro, alla rassegna letteraria del “Tè con l’autore” di San Bartolomeo al Mare.
In quella occasione raccontò di aver disegnato quei dipinti semplicemente perché gli avanzavano sia dello spazio che dei colori. Senza quindi un motivo particolare.
So che alcune persone che hanno letto il mio libro sono poi andate a cercare il murale di Taurus Eyes sul lungofiume del Prino a Imperia apposta per vedere quel cuore dal vivo!
Si trattava soprattutto di giovani lettori delle scuole che hanno adottato “Il cuore sul muro” come lettura didattica.
Come mai ti interessi di street art?
Fin da bambino le scritte sui muri mi hanno sempre incuriosito. Volevo sapere chi le tracciasse, quando, come e perché.
Un giorno mi chiesi che cosa sarebbe successo se su un muro non ci fosse stato abbastanza spazio per un graffito.
Così iniziai a ragionare sulla storia del racconto (scritto a puntate sui muri della città). Lo scopo era sia sfidare la curiosità del lettore, sia riportare alla memoria di tutta la città qualcuno che era stato dimenticato troppo in fretta .
Scrissi gran parte del romanzo quando nella mia città, Imperia, si scatenò – nel 2003 – quella che divenne nota come la guerra dei graffiti.
Una guerra tra bande rivali a chi riusciva a fare più tag (pseudonimo ndr), di notte, nel centro città.
Da giornalista ebbi modo di intervistare alcuni giovani writer, alcuni dei quali miei coetanei. Imparai così tanto sulla street art che decisi di iniziare a scrivere la mia storia ambientata nel mondo del graffiti writing.
Mischiai le mie note e ricerche di giornalista con i ricordi di scuole e delle serate nelle discoteche “di tendenza”.
Luoghi dove certi amici nottambuli, per stare dietro ai ritmi frenetici di techno e progressive, si calavano pastiglie di dubbia provenienza e dagli effetti talvolta disastrosi (e in alcuni casi mortali).
Purtroppo dovetti aspettare molti anni per vedere quel romanzo pubblicato e la prima edizione del 2011 finì tragicamente fuori catalogo dopo pochi mesi per la chiusura improvvisa dell’editore.
Il ritorno con la nuova edizione grazie ai videogiochi
Nel 2013 però tornai a scrivere di street art, oltre che da giornalista, anche da videogame designer programmando un videogioco a interfaccia testuale.
Si trattava di un romanzo interattivo (come dice qualcuno) che proponeva uno “scoop interattivo” nel quale il protagonista era uno scapestrato giornalista che doveva scoprire le origini di uno street artist, Ayon, divenuto improvvisamente famoso, recandosi nel ghetto in cui aveva iniziato a dipingere sui muri.
Il gioco fu anche recensito da Repubblica su XL e oggi può essere scaricato gratuitamente dal mio sito www.marcovallarino.it insieme ad altre opere simili, come quelle della saga horror Darkiss, tradotta anche in inglese e diventata un caso letterario internazionale.
Del resto oggi i videogiochi attirano molto più pubblico di libri, film, fumetti e non credo che la tendenza potrà mai invertirsi.
Ho deciso di ristampare “Il muro”, divenuto poi “Il cuore sul muro” nel 2018, perché dopo anni che era fuori catalogo molte scuole liguri – tra cui il Ruffini di Imperia – continuavano a chiedermelo per poterlo inserire tra le letture didattiche assegnate alle classi.
Si tratta in effetti di uno dei pochissimi romanzi ambientati in Liguria che parla di giovani, anziché di detective o di personaggi storici assai lontani dai gusti degli studenti.
E naturalmente questa ristampa – accolta molto bene anche da giornali, radio e tv – mi ha permesso di tornare a parlare di street art.
Risulta sempre interessante sapere come nasce un graffito e quali sono stati i momenti storici in cui la street art è nata, si è sviluppata e quali sono stati i suoi esponenti di spicco.
Che rispetto ci deve essere oggi tra gli artisti?
So di molti scrittori che fanno fronte comune scambiandosi contatti e spazi di promozione.
Questo accade perché, in Italia, il mercato editoriale è così asfittico che si rischia di non avere abbastanza lettori. Risulta quindi necessario aiutarsi a vicenda.
Poi tra scrittori è naturale scambiarsi idee, opinioni, fonti, letture per le storie che si stanno scrivendo. Tra giornalisti forse c’è più competizione perché ognuno (al di fuori della propria redazione) cerca di tenere per sé contatti e fonti.
Però, si capisce che la letteratura, il giornalismo e anche il mondo del videogame design per andare avanti devono abbattere steccati e lavorare uniti.
Ciascuno deve dare il meglio nel proprio campo, per dare a lettori e utenti sempre qualcosa di bello da leggere o giocare.
Negli anni, sono stato aiutato a scrivere e pubblicare da vari amici e colleghi e ne ho aiutati altri.
Secondo me il vero nodo gordiano è con le librerie, le associazioni e con le pubbliche amministrazioni perché talvolta è difficile ottenere la visibilità che si vorrebbe, in vetrina o nei calendari delle rassegne.
L’eventuale invidia per il successo degli altri si può sublimare con la spinta a scrivere di più e meglio. Mentre l’ammirazione per i più bravi può permettere di imparare nuove tecniche di scrittura e strategie di promozione.
Detto questo, mi sento libero di scrivere quello che voglio, come e quando voglio, senza che l’idea di eventuali invasioni o prevaricazioni mi sfiori minimamente.
Nella scrittura, l’unico limite dev’essere la fantasia.
Del resto, ci sono scrittori che “copiandosi” gli uni con gli altri hanno scritto capolavori che sono andati oltre le mode del momento.
La stessa saga di Darkiss è nata nel 2010 come mio tentativo di sfruttare la moda dei vampiri che all’epoca sembrava dominare i mercati, grazie soprattutto alla saga di “Twilight” (ma chi se la ricorda oggi?) e a “Vampire’s Diaries”.
“Online si copia tantissimo”: secondo te è pigrizia, ignoranza o altro?
Io sono una persona pigra e di conseguenza mi riconosco nella pigrizia.
Riguardo l’ignoranza… spero non sia questo il problema dal momento che oggigiorno abbiamo informazioni ovunque.
Per scrivere qualcosa, grazie agli smartphone, la documentazione è sempre a portata di mano.
Secondo me quando qualcuno vede che qualcosa è già stato scritto pensa: “ma perché riscriverlo? Copio e incollo e sono a posto”.
So di giornalisti che sono andati in panico quando Wikipedia ha chiuso per un giorno, perché molte informazioni venivano prese proprio da quella piattaforma.
Inoltre ci sono tantissimi siti in cui ci si può documentare… è fondamentale vincere la pigrizia e compiere uno sforzo intellettuale.
Viviamo in una società sempre più superficiale in cui certi valori vengono trascurati. Per ignoranza si tende spesso a non riconoscere il valore, il tempo e lo sforzo compiuto da una persona.
Sono situazioni che andrebbero affrontate poiché dietro a ciò non necessariamente c’è malafede ma appunto ignoranza, è bene che essa venga risolta.
Vi possono essere altri casi invece dove è accettabile prendere la totale ispirazione da un testo. Un esempio è rappresentato nell’ambito giornalistico quando si ha a che fare con i comunicati stampa.
Per il resto è sempre poco piacevole vedere i propri contenuti scritti su un altro sito senza aver ricevuto nessuna richiesta di autorizzazione.
Altro caso invece può essere quando un autore riprende un’opera vecchia, priva di diritto d’autore, e la modernizza, rendendola attuale. Questa pratica consiste nel remake letterario.
A mio parere questo è più accettabile: la necessità di un autore di riprendere una vecchia storia per provare a raccontarla in modo diverso. Altra storia invece il plagio…
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Grazie Marco per il tempo che ci hai dedicato e per come ci hai trasmesso la passione per il tuo lavoro di scrittore, giornalista e videogame designer.
Speriamo che questa intervista sia stata per chi l’ha letta (come lo è stata per noi) un’occasione per saperne di più sul mondo dei graffiti ma anche su una parte della storia recente di Imperia che non conoscevamo.
E speriamo che anche i tuoi inviti finali a vincere la pigrizia e a comprendere che è importante riconoscere il valore del tempo e delle energie che le persone hanno dedicato ad ogni sforzo creativo trovino un riscontro.
D’altra parte è quello su cui anche noi lavoriamo ogni giorno.
Se vi è piaciuto l’articolo e volete approfondire la vostra conoscenza sulla Proprietà Intellettuale leggete anche il nostro articolo dedicato al tema!